Explore
 Lists  Reviews  Images  Update feed
Categories
MoviesTV ShowsMusicBooksGamesDVDs/Blu-RayPeopleArt & DesignPlacesWeb TV & PodcastsToys & CollectiblesComic Book SeriesBeautyAnimals   View more categories »
Listal logo
202 Views
0
vote

The Day the Earth Stood Still

The Day the Earth Stood Still (Ultimatum alla Terra)

1951
USA
Regia: Robert Wise.
Produzione: Julian Blaustein per 20th Century Fox.
Sceneggiatura: Edmund H. North, dal racconto Farewell to the Master di Harry Bates.
Fotografia: Leo Tover (bianco e nero).
Montaggio: William Reynolds.
Scenografia: Addison Hehr, Lyle Wheeler.
Effetti speciali: Fred Sersen, Ray Kellog, L.B. Abbott, Emil Kosa.
Musica: Bernard Herrmann.
Costumi: Perkins Bailey, Travilla.
Cast: Michael Rennie (Klaatu/Carpenter), Patricia Neal (Helen Benson), Hugh Marlowe (Tom Stevens), Sam Jaffe (prof. Jacob Barnhardt), Billy Gray (Bobby Benson).
Durata: 92’.

Remake: The Day the Earth Stood Still (Ultimatum alla Terra) (Scott Derrickson, 2008).

Note: vincitore ai Golden Globe del premio per il miglior film teso a favorire la cooperazione internazionale; nomination per la miglior colonna sonora.


La genesi:

“ Ero alla 20th Century Fox quando ricevetti una telefonata di Darryl Zanuck. Mi disse che voleva che incontrassi un produttore di nome Julian Blaustein. Secondo Zanuck, Blaustein aveva per le mani una sceneggiatura che avrei potuto trovare molto interessante. Ero in una pausa di produzione, e così incontrai Julian, che non avevo mai visto prima e che mi passò la sceneggiatura. Appena letta, me ne innamorai.
Pensai che fosse un meraviglioso film di fantascienza, non solo perché conteneva un forte messaggio pacifista, e io sono sempre stato un convinto antimilitarista, ma anche perché non ho mai smesso di credere nell’esistenza degli UFO. Penso che considerarsi gli unici esseri viventi intelligenti di tutto l’universo sia molto egocentrico. Inoltre, mi attraeva molto l’idea che in altri mondi esistessero persone sensibili e pacifiche, e non per forza mostri ostili e terrificanti. “
[1]

R. Wise



Con queste parole Robert Wise esprime l’entusiasmo provato dinnanzi alla prima bozza di sceneggiatura consegnatagli da Julian Blaustein.
Ma facciamo un passo indietro. Come si giunge alla suddetta bozza?
Secondo Blaustein stesso, l’idea nasce da un’espressione sovente riportata sui giornali del periodo: offensiva di pace. Utilizzata per indicare le forti pressioni esercitate dall’URSS sui paesi nemici per indurli a stipulare una tregua, questa contraddizione in termini (offensiva/pace) induce Julian a riflettere sulla necessità di esortare il pubblico a meditare con attenzione sul concetto di non belligeranza.
Ma come raggiungere questo obiettivo senza scadere nella propaganda, senza originare un prodotto meramente informativo? La risposta si cela nella fantascienza.
Dopo aver esaminato un cospicuo numero di romanzi e racconti, Julian trova finalmente ciò che fa al caso suo: Farewell to the Master di Harry Bates.
Si tratta di un breve racconto pubblicato nel 1940 sul celebre pulp magazine Astounding [2].
La storia offre alcuni spunti interessanti. Due in particolare attraggono la fantasia di Blaustein:
- l’idea che l’umanità abbia raggiunto la pace sacrificando parte delle sovranità nazionali ad un organismo centrale;
- la figura di un alieno dalle sembianze umane sbarcato sulla terra ed immediatamente aggredito in quanto diverso.
Sulla base dei suddetti spunti Blaustein stende una prima bozza del soggetto.
Attingendo in parte da quest’ultima ed in parte dal racconto originale, Edmund North (lo sceneggiatore) scrive un primo accenno di testo che viene poi consegnato a Wise. Quest’ultimo (avvalendosi della collaborazione dei sopracitati colleghi) provvede a rende lo scritto maggiormente incisivo, senza tuttavia apportare dei cambiamenti sostanziali.
Nell’intelligente adattamento finale, numerosi elementi del racconto rimangono inalterati, unica eccezione il rapporto Klaatu/Gort che, differentemente rispetto alla storia originale, vede il secondo al servizio del primo (particolarità non indifferente, vista la diffusa considerazione dei robot come minacciosi Golem intenti a distruggere i propri artefici).


La scelta del cast:

Michael Rennie (Klaatu):

Fin dall’inizio Julian Blaustein ritiene che il ruolo di Klaatu debba essere affidato ad un attore emergente, non associabile dal pubblico a personaggi di altri film.
Incurante di questo parere, Darryl Zanuck consegna il copione a Spencer Tracy, all’apice della carriera.
Julian si oppone, timoroso che la popolarità di Tracy possa minare la credibilità del suo ruolo, ed indica Claude Rains come possibile aspirante alla parte. Fortemente impegnato in una produzione teatrale a New York, Rains rifiuta.

“ Stavamo pensando a chi potesse interpretare altrimenti la parte, quando ricevemmo un messaggio di Darryl Zanuck. Diceva di essere appena tornato da un viaggio in Europa, e di avere visto a Londra un giovane attore di teatro che lo aveva colpito molto. Era Michael Rennie, una faccia del tutto nuova, completamente sconosciuta al pubblico americano. Proprio quello che ci voleva. “ [3]

Come Robert Wise stesso afferma, la parte viene poi “ definitivamente ” affidata a Michael Rennie.
Alto, volto da asceta, completamente misconosciuto: il perfetto visitatore venuto dallo spazio.


Patricia Neal (Helen Benson), Hugh Marlowe (Tom Stevens), Billy Gray (Bobby Benson):

Per il ruolo di Helen Benson la scelta del regista cade quasi immediatamente sulla professionale Patricia Neal. Già diretta da Wise in Three Secrets (Tre segreti, 1950) Patricia, libera da impegni, affascinata dalla sceneggiatura ed entusiasta di collaborare nuovamente con il regista, accetta immediatamente la parte, apportando un contributo fondamentale al film.
Ad affiancarla, Hugh Marlowe ed il giovanissimo Billy Gray. Di soli dieci anni, sveglio ed intuitivo, Billy pare perfettamente a suo agio a prescindere dalla scena e dal contesto, oltre a necessitare di un limitato numero di direttive sul set.


Sam Jaffe (prof. Jacob Barnhardt):

Selezionato da Blaustein, ma inizialmente rifiutato dal direttore del cast a causa delle sue convinzioni politiche, Sam viene “ assoldato ” grazie all’intercessione di Zanuck, che esorta Julien a persistere nella sua scelta nonostante il parere discordante dei colleghi.
In un clima politico caratterizzato da un diffuso atteggiamento di diffidenza verso qualsiasi accenno di adesione al partito comunista, le idee politiche “ scomode ” di Sam non giovano alla promozione del film. Quest’ultimo sarà infatti attaccato non tanto per le tematiche trattate quanto per la partecipazione di una figura, a parere di molti, sostenitrice della “ minaccia rossa ”.
Tutto ciò non nega ovviamente la straordinaria credibilità che Jaffe riesce a conferire al suo personaggio.


Lock Martin (Gort):

“ Volevamo qualcuno di molto alto, ma neanche i giocatori di basket a quell’epoca raggiungevano l’altezza che stavamo cercando. A qualcuno venne in mente l’usciere del Grauman’s Chinese Theatre di Hollywood. Era Lock Martin, e la sua altezza arrivava a 2 metri e 20. “ [4]

Come confermano le parole del regista stesso, Lock Martin (trascorso da “ addetto al benvenuto clienti ” presso le fattorie Arden) viene notato ed ingaggiato in virtù della sua straordinaria altezza.
Il ruolo per lui prescelto è quello dell’automa Gort, non realizzabile altrimenti (artigianalmente) a causa del costo troppo elevato.
Costretto ad indossare un ingombrante costume in gommapiuma rivestita di alluminio (eccezion fatta per la maschera in metallo), Lock riesce a resistere in scena solo per brevi intervalli di tempo (tanto da dover essere sostituito da un automa inanimato in alcune scene di lunga durata).
Ad accentuare l’imponenza del robot, delle zeppe di circa 15 cm sistemate sotto i piedi dell’attore ed appositamente studiate per consentirgli di camminare senza barcollare.
I tecnici degli effetti speciali adottano poi un altro accorgimento importante: sistemare alcuni prismi all’altezza del volto di Martin per consentirgli di scorgere 30 centimetri al di sopra del cranio (l’altezza del costume è tale da determinare un notevole scarto tra la testa del robot e quella di Lock, situata appunto 30 centimetri più in basso rispetto al casco).





La colonna sonora:

Fortemente convinto dell’importanza del contributo offerto dalla colonna sonora alle sequenze sceniche, Wise delega il gravoso compito di realizzazione delle musiche all’eclettico Bernard Herrmann.
Ma spendiamo qualche parola in più su questa straordinaria figura.
Insediatosi a New York in qualità di compositore (anche radiofonico), Herrmann entra in contatto con Hollywood solo occasionalmente. Impegnato nella direzione dell’orchestra sinfonica della CBS, svolge di tanto in tanto il ruolo di compositore cinematografico scegliendo tra le numerose proposte che gli vengono offerte. Due in particolare sono le occasioni sfruttate da Bernard per giungere all’apice del successo: la collaborazione con Orson Welles per Citizen Kane (Quarto potere, 1941) e soprattutto il contributo offerto in The Devil and Daniel Webster (L’oro del demonio, 1941) di William Dieterle, che gli vale la conquista dell’Oscar. L’anno successivo va ricordata una nuova collaborazione con Welles per The Magnificent Ambersons (L’orgoglio degli Amberson, 1942).
Sul finire degli anni ‘40, dopo lo scioglimento dell’orchestra sinfonica, Herrmann pensa sia giunto il momento di emigrare definitivamente a Hollywood, ed è qui che nel 1951 viene ingaggiato da Wise per la composizione della colonna sonora di Ultimatum alla Terra.
Indipendente nelle scelte musicali, desideroso di godere di una piena libertà d’azione, Bernard vuole creare un suono insolito.
La convinzione di base è che la musica non debba contribuire a delineare il carattere dei personaggi, ma debba invece creare un‘atmosfera particolare. Per raggiungere il suddetto obiettivo, Herrmann scrive partiture per un’orchestra composta da un’ampia sezione di ottoni, arpe e percussioni (anziché dalla tradizionale sezione di archi e legni) ed arricchisce il tutto con una serie di strumenti elettronici tra i quali figura il Theremin.





Composto da due antenne (una verticale ed una orizzontale) capaci di produrre un particolare suono se sfiorate con le mani, questo strumento suggerisce l’idea di una presenza extraterrestre ed intensifica il senso di disagio ed inquietudine nello spettatore, col risultato di conferire all’ambientazione del film (la Terra) le fattezze di un mondo alieno.
A partire da questo momento, il Theremin diverrà un vero e proprio cliché dei film di fantascienza.
L’utilizzo di questa strumentazione assolutamente unica rende la colonna sonora parte integrante di ciò che oggi definiremmo effetti sonori.


Il titolo:

Interessante è ricordare brevemente la gestazione del titolo, ultimo accorgimento che precede la distribuzione del film.
Invitato a cena da Darryl Zanuck, il vicepresidente responsabile del marketing propone come possibile titolo The Day the World Stopped, con allusione al momento di “ stallo ” dell’intero pianeta dovuto alla sottrazione di energia elettrica operata da Gort su ordine di Klaatu.
Su indicazione di Blaustein, il titolo viene poi modificato in The Day the Earth Stood Still, ritenuto più incisivo rispetto al precedente.


L’anteprima:

Dopo una prima visione del film, Darryl Zanuck propone di procedere con la distribuzione immediata.
Il parere di Zanuck è però ancora una volta in contrasto con quello di Blaustein, che ritiene sia necessario proiettare il film in anteprima per testare le reazioni del pubblico.
Approfittando di una temporanea assenza di Zanuck, Julien assume il comando ed organizza una prima proiezione del film.
Il risultato è apparentemente deludente. Numerose scene relative alla mobilitazione dell’esercito (contro la minaccia aliena) suscitano le risate del pubblico.
Tuttavia, con il procedere della storia (e soprattutto, con l’apparizione di Gort) l’atmosfera cambia: l’ilarità si tramuta in silenzio, le risa lasciano spazio al terrore, allo stupore, al turbamento dinnanzi ad un evento di portata collettiva che non si riduce al puro e semplice intrattenimento, ma aspira a divenire spunto per una riflessione su temi tutt’altro che banali.


Il film:

Caratteristica principale di Ultimatum alla Terra è quella di essere un film realistico e credibile, credibilità e realismo ottenuti mediante tre scelte fondamentali:
- ambientare la storia in una qualsivoglia metropoli, mostrandone le strade, gli edifici, “ mischiando “ il visitatore ai cittadini locali;
- semplificare al massimo ogni artificio tecnico;
- utilizzare movimenti di macchina lineari, con propensione a riprendere il protagonista in ombra e di spalle (in modo tale da accentuare l’alone di mistero che lo circonda).
Il tutto potenziato dal bianco e nero.
Sfruttando la verosimiglianza della storia, Wise stimola l’interesse dello spettatore, esprimendo al contempo una personale concezione di ritmo. Esso non consiste nella velocità di un film, ma nel saper catturare fin dall’inizio l’attenzione del pubblico.
Grazie a questa geniale intuizione, Ultimatum alla Terra otterrà un successo inaspettato ed inizierà ad essere definito un classico della fantascienza.
_______________________________________________

[1] Intervista concessa a Harry Kreisler nel febbraio 1998 per il programma Conversations With History, prodotto dall’Instutute of International Studies dell’Università di Berkeley, California.
[2] Il racconto appare in Italia solo nel 1952, tra le pagine della rivista di fantascienza Scienza Fantastica.
Nei decenni successivi, la traduzione italiana del titolo (Uomo di carne ... uomo d’acciaio …) subirà dei mutamenti in: Klaatu. Prologo di un’invasione; Ultimatum alla terra; Addio al padrone.
[3] Conversations With History, cit.
[4] Conversations With History, cit.
Avatar
Added by La Dame Blanche
13 years ago on 6 March 2011 15:34