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Hearts in Atlantis (Thorndike Paperback Bestsellers) review

Posted : 13 years, 5 months ago on 23 November 2010 04:55

Se c'è un libro che può riassumere insieme nostalgia, curiosità, orrore, malinconia, inquietudine e trasporto, sicuramente questo è Cuori in Atlantide. O meglio, tutte e cinque le storie contenute in Cuori in Atlantide. Cinque storie collegate fra di loro da fili tanto evidenti da risultare, paradossalmente, invisibili per i songoli protagonisti che ne fanno parte. È come guardare un quadro che sì, ha come sfondo i colori predominanti del Vietnam, i suoi rossi accesi e i suoi contrasti netti e decisi, ma che vede muovere al suo interno migliaia di sfumature più tenui e quasi impercettibili, sfumature che ricalcano le emozioni, le lacrime, le nostalgie, i profumi e i ricordi di chiunque in quel quadro ci vive, e che inevitabilmente si ricongiungerà infine con le più svariate gradazioni di colore di altri coinquilini... Forse è necessario leggere il libro per riuscire a vederlo davanti a sé quel quadro, per essere in grado di interiorizzare le metamorfosi di Carol Gerber durante la sua crescita, per carpire la voce stridula di Malenfant o per sentire in lontananza il ritmico "Rip-rip" delle grucce di Stoke Jones. Per tutto questo c'è il libro. Un libro che fa sprofondare il lettore nell'emozione di chi ricorda con dolce amarezza il suo essere stato undicenne, di chi ricorda il suo primo bacio su una ruota panoramica oppure i salti mortali per sconfiggere il maniacale "Cuori"; ci si appassionerà alle preoccupazioni di universitari in guerra con i propri esami e con la loro vita quotidiana nel college; si sorriderà compiaciuti quando nella storia successiva si ritrova un personaggio che sembrava perso per sempre, quasi un familiare da cui si aspettavano con ansia delle notizie. Ci si scontrerà anche con la realtà della guerra vera, e con i cambiamenti che questa porta nell'animo delle persone: parlo di universitari che stanno per attraversare il biennio '68-'70 come di chi la guerra l'ha vissuta in prima linea. Parlo di chi è stato quasi strappato dal suo precedente io e reinserito in un nuovo corpo, così, perché un bambino con un guantone da baseball in mano e un uomo che ha visto esseri umani bruciati vivi in un elicottero non sono la stessa persona: l'uno è il fantasma di se stesso. E poi perché "le guerre non finivano ai tavoli della pace: finivano nelle corsie degli istituti dei tumori e nelle mense degli uffici e negli ingorghi stradali. Le guerre morivano un pezzetto per volta, ciascun pezzettino come un ricordo che si perde, ciascun ricordo perso come un'eco che svanisce nei saliscendi sinuosi delle colline". L'Atlantide, alle volte, non si inabissa mai completamente.

UOMINI BASSI IN SOPRABITO GIALLO: Bobby Garfield è un undicenne normale, si direbbe, se per normalità intendiamo la morte di un padre e una madre che invece di piangerlo lo accusa di averla lasciata sola a crescere il loro bambino. Sì, sua madre che non lo calcola più di tanto (è un maschio, come suo padre che li ha lasciati soli), sua madre che alle volte piange in camera da sola e che ha rapporti strani con il suo ambiguo capo; ma Bobby ha anche la sua adolescenza e i suoi amici, Sully-John e Carol Gerber (che presto forse diventerà qualcos'altro per Bobby), Bobby ha i suoi risparmi per comprarsi una bicicletta. Ma poi la sua vita cambia per sempre quando nel loro palazzo si trasferisce Ted Brautigan, un tranquillo e anziano signore che mai andrà troppo a genio alla madre di Bobby. I due, al contrario, diverranno amici: Ted gli consiglierà dei libri da leggere, lo aiuterà nelle sue piccole paure quotidiane, riuscirà ad aprirgli la mente (in tutti i sensi)... Ma soprattutto, Ted che gli affiderà un incarico: controllare se si avvicinano uomini bassi in soprabito giallo. Bobby alla fine capirà, anche se mai del tutto. Il Bobby gentile e ingenuo cambierà una volta trasferitosi, affronterà gli anni cruciali della sua vita con rabbia e delusione. Tutto cambia e non vi è nulla che resista in eterno, ma poi bastano dei petali di rosa per ripensare a Ted e alla sua profonda intelligenza, al profumo di Carol (dov'è Carol?), al suo amico Sully-John. Un racconto che mescola insieme mistero, inquietudine (immancabili per King), ma anche una dolcezza e un tepore che difficilmente ti abbandonano. Quel ragazzo che porta in braccio una bambina ferita affrontando una salita estrema e in pieno luglio, dopotutto, sei un po' anche tu. Molto bello e "poetico" il finale, anche se forse finale non è...

CUORI IN ATLANTIDE: La seconda storia è, nel suo complesso, forse una delle migliori di questo libro. È la vita universitaria di Pete e dei suoi compagni di stanza, Skip-Kirk e Nate, ma soprattutto è la vita dei ragazzi che giocano a Cuori e che vedono il resto del mondo ormai girare attorno alla morbosità maniacale con cui affrontano le loro partite a carte. Il tutto fa da sfondo a degli anni cruciali per l'ultimo secolo: il mondo cambia, e cominciano ad apparire i primi simboli della pace sui muri e sulle giacche dei contestatori; sono gli anni della guerra in Vietnam, sono gli anni in cui le speranze si confondono con i dubbi e con l'incertezza. Il tutto descritto sapientemente da King, che queste emozioni le fa vivere al lettore in prima persona. I ritratti degli studenti, d'altronde, sono così reali che sembra di vederli i vari Ronnie Malenfant, e il cinismo disilluso di Stoke Jones, e il perfezionismo di Nate con il sottofondo tutto parolacce del vocabolario di Skip... Insomma, una vera e propria finestra su un angolo di mondo che viveva quasi quarant'anni fa. Le discussioni sulla guerra, la preoccupazione crescente per un esame, e ovviamente la fugace storia tra Pete e una ragazza molto meno ingenua, una ragazza che si sa difendere bene da sola, che fuma e che porta avanti le sue idee contro il conflitto in Vietnam: una ragazza che però conserva intatti il sorriso e gli occhi brillanti di un tempo. Semplicemente, Carol... ormai quasi maggiorenne.

WILLIE IL CIECO: La ragazza ferita della prima storia ha avuto degli aggressori, e uno di questi era Willie Shearman, uno degli studenti della St.Gabe, un adolescente che non ha fermato i suoi amici mentre li vedeva pestare con una mazza da baseball una ragazzina di undici anni. Un peso che gli rimarrà addosso come un macigno, e ora quel Bill è un uomo che ha vissuto anche gli orrori della guerra in Vietnam. Un uomo che ha salvato dei soldati (tra cui Sully-John: com'è piccolo il mondo, ha salvato qualcuno della sua stessa città), che si è fatto onore, ma che conserva dentro di sé cicatrici indelebili che il tempo non riesce a far smettere di sanguinare. Un uomo che si trasforma in Bill per poi diventare ancora un'altra persona, un mendicante che finge di aver perso la vista (anche se forse in Vietnam l'ha persa sul serio la vista), e che si trova a dover fare i conti ora con un poliziotto che chiede ancora soldi per il suo silenzio, e ancora, e ancora. Willie ancora non ha espiato tutti i suoi peccati, non bastano centinaia di pagine in cui è ripetuto il suo pentimento per aver picchiato Carol Gerber. Un uomo che è ormai una mina vagante, proprio come quelle che ha visto scoppiare più volte nella sua vita da militare.

PERCHÉ SIAMO FINITI IN VIETNAM: John Sullivan torna per i funerali di un suo compagno durante la guerra, quel John Sullivan che una volta aveva amici come Bobby e Carol e che poi la vita e il tempo gli hanno strappato via. Quel Sully-John che ha visto atrocità inesprimibili, che ha assistito impotente allo sterminio di un intero villaggio da parte dei suoi compagni di reggimento impazziti, e che ancora non riesce a liberarsi dal fantasma di quella vecchia donna uccisa senza pietà da Malenfant, ormai in delirio di sopravvivenza. Quel Sully-John che rivive con amarezza quei giorni insieme a Deef, che un tempo fu tenente. Quello stesso Sully-John che forse vorrebbe, ora, solo essere abbracciato e lasciare che tutto il resto si offuschi lentamente...

SCENDONO LE CELESTI OMBRE DELLA NOTTE: Bobby Garfield torna dopo quarant'anni nella città in cui è cresciuto, e ogni dettaglio gli ricorda un tempo che ormai non c'è più, ma che è ancora vivo dentro di sé e nei suoi pensieri... Ci sarà per lui un inaspettato incontro (una certa Denise, ma il lettore ormai saprà già di chi si tratta), inaspettato perché tutti hanno letto di quell'attentato pacifista finito in tragedia, e neanche Willie Shearman e Sully-John avrebbero potuto credere che qualcuno fosse sopravvissuto all'incendio... Il racconto che chiude il cerchio, che in poche pagine riesce a far emozionare e che trasforma ogni minuzia in un segnale... Da parte di Bobby, di Carol, e anche da parte di Ted Brautigan... Che da qualche parte, laggiù, ancora li sta osservando e proteggendo.

È impossibile in una recensione descrivere ogni particolare, ogni sensazione, ogni punto del libro in cui le relazioni tra i vari protagonisti sembrano più reali che mai, ogni dettaglio che ti crea un automatico sorriso sulle labbra... Talvolta di piacere, talvolta di consapevolezza, altre di condivisione. A me qui sembra di non esserci riuscito, ma la lettura dell'intero libro sì. Ci sono anche riferimenti alla Torre Nera nel primo racconto... Anche se solo sfumati... Li si intravede appena. Quello che secondo me rende il tutto speciale è rappresentato sicuramente dalle caratterizzazioni dei personaggi, e ovviamente dalle correlazioni fra di loro. Ma soprattutto, ripeto, da quel tocco di nostalgia e malinconia che sa coinvolgerti durante tutta la lettura... e che alla fine ti fa chiudere il libro con un sorriso.



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